Il terreno su cui le opere crescono

Le narrazioni ambientate nella Terra di Mezzo sono inserite in un quadro incredibilmente vasto, del quale di volta in volta evidenziano una particolare scena. A sua volta, come ogni quadro, questo è racchiuso in una cornice – se si può definire così l’insieme delle conoscenze e delle motivazioni, intimamente legate alle esperienze di vita, che spinsero J.R.R. Tolkien a dar vita al grandioso ciclo dei racconti ambientati nella Terra di Mezzo. Tale metodo di osservazione si può però applicare anche agli altri scritti, perché gli studi filologici e le traduzioni commentate dei testi antichi scaturiscono dal medesimo fermento intellettuale e dall’amore per le stesse fonti primarie, di cui il ciclo della Terra di Mezzo è una suggestiva e ben riuscita rielaborazione. Su questo terreno, sul quale le opere crescono, si devono muovere quindi anche commentatori e saggisti che ambiscono a chiarire o arricchire le visioni delle opere.

I “luoghi tolkieniani”

Da sempre, informarsi sui luoghi in cui i Tolkien vissero e operarono affascina e invita a visitarli: magari con queste note qualcuno pianificherà un viaggio… [Alla pagina]

Una testimonianza

L’impatto del fenomeno Tolkien sulla cultura del secolo scorso è stato immane, ma è destinato ad aumentare ancora. Ecco la nostra testimonianza in merito. [Alla pagina]

Resoconti tematici

Ormai tanto Tolkien quanto le opere sono parte della cultura generale, così ogni tanto accade di dover ribadire alcuni concetto di base che l’informazione non specializzata tende a distorcere. [Alla pagina]

Arda, quadro e cornice

Il legendarium tolkieniano nasce e si sviluppa in base a riferimenti storici, mitologici e filologici precisi, ai quali vale la pena dare uno sguardo in profondità per una piena comprensione. [Alla pagina]

Allegoria e applicabilità

J.R.R. Tolkien cita con una certa frequenza i due concetti di “allegoria”, rifiutandola cordialmente per quanto riguarda le sue opere, e “applicabilità” ad esse di idee e pensieri di chi legge. [Alla pagina]

«Esisteva un inglese più antico e più ricco di quello di Dan Michel, con un’ortografia regolare almeno quanto quella di Orm [si tratta di altri due scrittori in medio inglese piuttosto coerenti] ma meno strana, un inglese che aveva conservato qualcosa della sua precedente cultura. Non è un linguaggio “campagnolo” che si sforza di esprimersi in un’apologetica emulazione dei suoi superiori o per compassione delle persone volgari, ma piuttosto una lingua che non è mai scesa nella “volgarità”, ed è riuscita in tempi difficili a mantenere la dignità di un gentiluomo, pur se di campagna. Essa ha delle tradizioni e una certa dimestichezza con la penna, ma è anche in stretto contatto con una lingua parlata viva e di buona qualità, in un terreno da qualche parte in Inghilterra».

(J.R.R. Tolkien, Ancrene Wisse: in T. Shippey, J.R.R. Tolkien: la via per la Terra di Mezzo, Genova-Milano, Marietti Editore, 2005)